Il 40-45% dei pazienti trattati guarisce, per gli altri ora si fa un passo avanti: individuati possibili biomarcatori predittivi di risposta alle cure. Importante il tempo trascorso prima della ricaduta
, un’importante componente del nostro sistema immunitario, in grado di attaccare il tumore. Per arrivare a questo obiettivo, si procede al prelievo di un campione di sangue del paziente, da cui vengono selezionati i linfociti T. Questi), deputato a riconoscere l’antigene CD19 presente sulle cellule neoplastiche. Una volta re-infusi nel paziente, i linfociti T ingegnerizzati, o cellule CAR-T, possono individuare e distruggere le cellule tumorali.
la prima come una malattia parzialmente immuno-sensibile e la seconda una malattia del tutto immuno-resistente i pazienti che hanno avuto una ricaduta dopo la terapia con CAR-T hanno comunque una possibilità del 30% di sopravvivenza a due anni