Esattamente due mesi fa il tentato golpe a Mosca. La parabola del mercenario che ha pensato di potersi ribellare a chi l'ha creato e arricchito: vivo o morto, ora esce di scena
Punito e abbattuto a due mesi esatti dalla tentata marcia su Mosca o protagonista dell'ennesimo surreale gioco di ruolo? Una cosa è certa quando c'è di mezzo Yevgeny Prigozhin le verità non sono mai tali. Quindi, benché i suoi lo diano già per morto, le voci secondo cui lui e il comandante militare della Wagner Dimitri Utkin fossero a bordo di un secondo jet atterrato all'aeroporto di Mosca non possono esser escluse.
Ma se è facile gestire decine di «troll» sugli effimeri sentieri di internet e social ben più difficile è vivere nel cuore di una battaglia tra cumuli di morti ed esplosioni delle granate. Come un qualsiasi soldato sopravvissuto troppe volte al fuoco nemico Prigozhin si è illuso di esser non solo immune dai pericoli, ma anche dal controllo di chi lo manovrava.
Prima la Libia dove bisognava garantire le concessioni petrolifere concordate a suo tempo con il colonnello Gheddafi, poi la Repubblica Centrafricana e il Mali dove gli uomini della Wagner fermavano nemici interni e fondamentalisti in cambio di materie prime. Infine l'Ucraina. Prigozhin ci arriva nella primavera del 2022 quando riceve l'incarico di lanciare la prima offensiva su Popashne, Severodenetsk e Lisychansk.
Ma nell'orrore di Bakhmut anche Prigozhin perde la trebisonda. Si convince di essere il principale protagonista dei giochi militari del Cremlino e di potersi sostituire a Sergei Shoigu, il ministro della Difesa al fianco di Putin da oltre vent'anni. L'allucinazione finale, inseguita subito dopo la presa di Bakhmut, è la convinzione di potersi ribellare a chi l'ha creato arricchito e armato. Poteva forse salvarsi con l'esilio in Bielorussia.
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